Quando le prenotazioni dirette non convengono: il lato nascosto dell’advertising (che dovresti conoscere)
Ogni anno, sempre più strutture decidono di investire in Google Ads, Facebook e Instagram per ottenere prenotazioni dirette. È una mossa intelligente, ma solo se fatta con criterio.
La promessa è allettante: più visibilità, più traffico sul sito, più richieste dirette, meno dipendenza dalle OTA e dalle loro commissioni. Ma tra il dire e il fare c’è un mare di errori strategici che possono far evaporare il budget prima ancora di vedere una prenotazione (e non scherzo).
Spesso accade questo: si parte con entusiasmo, anche se la strategia e le analisi sono corrette, si definisce un budget corposo fin da subito, e poi ci si stupisce se le campagne non rendono quanto sperato. Il telefono non squilla, il sito ha poche prenotazioni, il costo per contatto schizza alle stelle.
Non è sfortuna. È mancanza di strategia.
Il problema non è spendere poco. È spendere male.
Nel marketing, l’errore più grande che puoi fare non è investire troppo poco. È investire male. Ed è esattamente quello che succede quando si parte con un budget alto senza che il sistema sia pronto.
Google e Meta non sono piattaforme lineari. Non funzionano con una logica “più spendo, più ottengo” (come per le catene di montaggio). Funzionano con algoritmi che imparano giorno dopo giorno da ciò che succede: chi clicca, chi prenota, chi converte. Ogni campagna ha una curva di apprendimento.
Se vengono sovraccaricati troppo presto, vanno in crisi. E perdi efficienza. È un po’ come pretendere che un sommelier esperto serva il vino giusto a tavola… ma bendato. Può anche riuscirci, ma il rischio di sbagliare è altissimo.
L’illusione del “spingiamo subito”
Siamo a giugno quasi. La stagione per qualcuno è già iniziata. L’albergatore ha fretta. Vuole riempire luglio, agosto e settembre. “Spingiamo forte da subito”, dice. E autorizza un budget importante. A volte 100, 200, anche 300 euro al giorno da subito.
Sembra una scelta coraggiosa. Ma è una mossa impulsiva. Perché l’algoritmo non è ancora calibrato. Non ha dati, non ha riferimenti, non sa chi convertire. E se non sa, brucia soldi cercando nel buio.
Il risultato? Ti fa partecipare a più aste pubblicitarie, cerca pubblici nuovi (e spesso meno interessati), consuma in fretta il budget, ma senza portare i risultati sperati. È come accelerare a tavoletta con una macchina che ha il motore freddo.
Un esempio concreto: quando conviene di più pagare la commissione a Booking
Facciamo due conti. Una prenotazione da 1.000 € su Booking.com ti lascia in tasca circa 820 €, considerando una commissione del 18%. Quella percentuale fa male, è vero. Ma è chiara.
Con una campagna pubblicitaria, per ottenere lo stesso margine, non puoi spendere più di 180 € a prenotazione.
Ora immagina questo scenario reale:
Budget investito: 600 €
Prenotazioni ottenute: 2
Costo per prenotazione: 300 €
Hai pagato più di Booking. E hai guadagnato meno.
Su Booking avresti incassato 820 € x 2 = 1.640 € netti. Con la tua campagna, sei a 2.000 € lordi – 600 € di advertising = 1.400 € netti. Peggio.
Questa situazione si verifica spesso, soprattutto quando si imposta un budget elevato senza una fase di apprendimento graduale.
Gli algoritmi non sono (soltanto) macchine, sono sistemi adattivi
Chiunque gestisca campagne lo sa: Google e Meta sono strumenti potenti, ma vanno rispettati nei loro tempi. Funzionano se li lasci lavorare con metodo. Non amano le forzature.
Immagina il tuo corpo abituato a correre 10 km al giorno. Poi, all’improvviso, ti impongono di farne 30. Crolli (probabilmente). Lo stesso accade agli algoritmi. Se chiedi loro di triplicare la spesa da un giorno all’altro, vanno in tilt. Entrano in una nuova fase di apprendimento, devono ricalcolare (quasi) tutto da capo.
Lo confermano anche le fonti ufficiali:
“Making significant changes to your ad set – including increasing your budget too quickly – may reset the learning phase.” Fonte Meta
“Quando modifichi in modo significativo il budget, lo stato della strategia di offerta può cambiare in ‘apprendimento’.” Fonte Google Ads
Le OTA non sono il nemico. L’inefficienza lo è.
Non si può più ragione con una logica binaria: OTA = male, Diretto = bene.
Perché la (cruda) verità è che non tutte le vendite dirette sono redditizie, e non tutte le OTA sono dannose. Booking è prevedibile: sai quanto ti costa. La pubblicità online, invece, può diventare un pozzo senza fondo se non è governata.
In uno scenario ideale, il diretto ti fa guadagnare di più. Ma deve funzionare. Deve costare meno delle commissioni OTA (e della consulenza di chi gestisce). Deve convertire con regolarità.
Altrimenti, l’investimento non è più marketing. È sperpero.
Cosa deve sapere (davvero) un albergatore
Non devi sapere come si imposta una campagna, come si segmenta un pubblico, o come si lavora con il ROAS. Ma devi sapere cosa pretendere da chi ti gestisce l’advertising.
Chiedi una strategia progressiva, non una partenza sprint.
Chiedi confronto con le OTA, per capire se l’investimento ha senso.
E soprattutto, pretendi report chiari, frequenti, leggibili. Perché se non sai quanto ti costa ogni prenotazione, non puoi valutare nulla.
Strategia, non improvvisazione
Il marketing funziona. Lo vediamo ogni giorno. Ma funziona solo se è gestito da chi sa dove mettere le mani.
Serve metodo. Serve pazienza. Serve qualcuno che sappia accendere la macchina, farla scaldare, testare il percorso e solo poi accelerare. Troppo spesso vediamo strutture che iniziano in quarta e si fermano in panne dopo due settimane.
Conclusione: la regola d’oro
Il tuo obiettivo non è fare pubblicità. Il tuo obiettivo è riempire le camere, al minor costo possibile.
A volte significa investire in advertising. Altre volte significa non farlo e usare le OTA in modo intelligente. Altre volte ancora significa fermarsi, analizzare, ricalibrare.
Il tuo mestiere è decidere dove investire. Ma devi avere le informazioni giuste per farlo. E le informazioni giuste arrivano solo se chi gestisce il tuo marketing lavora con trasparenza, metodo e obiettivi concreti.
Perché nel marketing digitale, non vince chi parte forte. Vince chi arriva lontano. E ci arriva con il pieno ancora intatto.