Il valore nascosto della Comunicazione: la vera arma segreta dei resort e villaggi che funzionano

Immagina questa scena: un villaggio turistico decide, per un periodo indefinito, di sospendere ogni tipo di comunicazione sui suoi canali diretti. Nessun post sui social, nessuna newsletter, niente campagne Google, nessuna risposta alle chat online. Silenzio assoluto.

In pochi giorni, il traffico al sito crolla. I lead diminuiscono a ritmo costante. Le richieste diminuiscono. Il booking engine si ferma. Il fatturato inizia a calare. E no, non servono settimane per rendersene conto.

Questo non è uno scenario ipotetico. È quello che accade ogni volta che si sottovaluta il ruolo strategico della comunicazione.

La comunicazione non è un accessorio. È il lubrificante dell’intero sistema.

Nell’ospitalità – più che in qualsiasi altro settore – la comunicazione è ciò che crea la relazione tra brand e cliente. Non è una semplice attività “di contorno”, né qualcosa da affidare all’ultimo arrivato o da attivare “quando serve”. È ciò che trasmette valore, genera fiducia e spinge all’azione. È, in soldoni, ciò che vende.

E attenzione: non esiste non comunicare. Anche quando si sceglie il silenzio, si sta comunque mandando un messaggio. Il problema è che quel messaggio, molto spesso, suona così: “Non ci siamo più”, “Abbiamo qualche problema”, “Non sei importante”.

Ogni fase del percorso cliente richiede un tipo specifico di comunicazione.

Uno degli errori più comuni è pensare che la comunicazione sia tutta uguale o che qualche canale debba meritare più attenzione rispetto ad un altro. Non lo è, assolutamente non lo è.

  • Quando un cliente ti cerca su Google, ha bisogno di risposte chiare, immediate, coerenti con ciò che ha in mente. Qui vince la comunicazione tecnica, quella delle parole chiave, delle landing page ottimizzate. Una comunicazione composta da coerenza e dalla promessa mantenuta.
  • Quando un cliente ti scopre su Instagram o Facebook, è perché hai catturato la sua attenzione e suscitato emozioni. Vuole sentire cosa significa vivere un’esperienza nella tua struttura. La componente emozionale è decisiva.
  • Quando entra sul tuo sito, la tua priorità deve essere intrattenerli con contenuti ad hoc per il target e simultaneamente connetterli: newsletter, chat, pop-up, inviti all’azione. Se se ne va senza fare nulla, quella connessione è persa.
  • Quando è già ospite, ha bisogno di sentirsi ascoltato, accolto, seguito e stimolato. Anche questa è comunicazione: rapida, empatica, orientata alla relazione, non solo al servizio (e fidati ti aiuta a ridurre il tasso di cancellazione e se ci sai fare anche ad aumentare il valore per cliente).

Comunicare bene non significa solo “dire cose”. Significa dire le cose giuste, nel momento giusto, con il tono giusto, sul canale giusto. Senza questa sincronia, ogni sforzo rischia di essere sprecato.

Chi non comunica perde. C’è poco da girarci intorno.

In un mercato saturo e competitivo come il nostro, se non sei presente, visibile e coerente, verrai superato da chi lo è. E non serve una strategia iper-tecnica per capirlo. Basta osservare: ogni volta che smetti di parlare, qualcuno prende il tuo posto. Che sia un concorrente più attivo, una recensione negativa lasciata in rete, o semplicemente il rumore di chi comunica meglio di te.

A volte, basta un competitor che continua a raccontare la “vita” del villaggio, che pubblica contenuti emozionali con regolarità, che mantiene vivo il dialogo con il pubblico. In quel caso, anche i tuoi clienti iniziano a guardare altrove. Non per cattiveria. Semplicemente, perché l’attenzione segue chi parla.

I social non servono a promuovere pacchetti. Servono a creare relazione.

Un altro grande errore: usare i social per pubblicare solo offerte, listini e locandine, ed è veramente assurdo che ciò avvenga ancora oggi nonostante siamo ormai nell’era dell’Intelligenza Artificiale. Così facendo, ci si limita a “urlare” senza ascoltare. Il risultato? Nessuna interazione. Nessuna relazione. Nessuna conversione. 

Ricorda: provare a generare una relazione può generare una transazione, ma tentare la transazione non genera una relazione.

Al contrario, i social vanno progettati per generare coinvolgimento. Serve un piano editoriale, serve un tono autentico, servono contenuti emozionali. Perché è l’emozione che promuove e vende, non la promozione fine a sé stessa.

Un utente che interagisce, commenta, reagisce, si sente parte di qualcosa. E chi si sente parte di qualcosa è più propenso a comprare, tornare, parlare bene di te.

La comunicazione si può archiviare (quello che forse non sai). E può diventare la tua arma più potente.

C’è un aspetto della comunicazione che molti albergatori ancora sottovalutano (o giustamente non conoscono perché presi a fare altro): la comunicazione può essere tracciata, archiviata e riutilizzata strategicamente. Ogni like, ogni commento, ogni reazione a un post sui social è un segnale. Un indizio di interesse. Una micro-connessione.

E qui entra in gioco un concetto chiave: remarketing.

Chi ha già interagito con i tuoi contenuti è più propenso a riascoltarti, a cliccare su un’offerta, a compiere un’azione. Non è solo teoria: è pratica. Le campagne di remarketing sono quasi sempre quelle con il ROAS più alto. Perché? Perché parlano a chi ha già iniziato a conoscerti, a fidarsi, a considerarti.

Se gli albergatori comprendessero che ogni azione sui social può essere il primo passo di una relazione tracciabile e monetizzabile, cambierebbero radicalmente il loro modo di vedere la comunicazione. Ogni like può essere il seme che arricchisce un database utile per una campagna futura. Ogni commento può essere il primo passo di una conversione.

Tutto questo ha senso solo se la comunicazione nella fase di connessione è progettata con procedure e obiettivi chiari. Non si tratta solo di “essere presenti”, ma di creare contenuti pensati per stimolare interazioni, far emergere micro-segnali e trasformarli in leve di marketing.

Perché – e questo dovremmo scriverlo sopra ogni piano editoriale –

Chi apre una relazione, con un semplice like ad esempio, è più propenso ad ascoltarti e ad acquistarti.

Comunicazione interna ed esterna: due facce della stessa medaglia

Un altro aspetto spesso trascurato è che la comunicazione non riguarda solo il cliente esterno, ma anche il modo in cui comunichi con il tuo staff, con i collaboratori, con i fornitori. Una squadra che non comunica è una squadra che lavora male. E chi lavora male, comunica male anche al cliente.

Non è raro vedere villaggi con ottimi materiali promozionali ma una reception impreparata o un team di animazione disallineato. Questo crea discontinuità, e il cliente lo percepisce. Se ogni touchpoint trasmette un messaggio diverso, la fiducia crolla.

Comunicare è anche gestire le criticità.

Uno dei momenti in cui la comunicazione si rivela più importante è quando qualcosa va storto: un disservizio, una lamentela, un imprevisto. In questi casi, la reattività è fondamentale. Un problema non comunicato diventa un problema raddoppiato. Un problema ben gestito può persino rafforzare la percezione positiva.

Ad esempio: inviare un messaggio WhatsApp o una comunicazione via app per chiedere “tutto bene?” al secondo giorno di vacanza è un’azione tanto semplice quanto potente. Non solo previene possibili problemi, ma comunica attenzione. E l’attenzione oggi è oro.

Conclusione: o progetti la comunicazione, o affidi il destino della tua struttura al caso.

Oggi, non è più possibile “fare comunicazione” in modo improvvisato. Serve un piano, serve consapevolezza, serve strategia. Comunicare in modo efficace vuol dire accompagnare il cliente in ogni fase, prima, durante e dopo la vacanza.

E significa anche essere presenti quando il cliente non si aspetta nulla da te: nei mesi invernali, nei giorni feriali, nei momenti “morti”. È lì che si costruisce la relazione. È lì che si coltiva la fiducia.

Chi lo capisce oggi ha un vantaggio competitivo enorme.
Chi lo ignora, domani, rischia di avere camere vuote, costi di advertising elevati.

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